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VOTO: 9
GIUDIZIO:Ci troviamo in un'ipotetica società futuristica dove ogni decisione viene presa dal Comitato degli Anziani, a partire dalla scelta del nome di ogni bambino fino alla professione che si andrà ad eseguire per tutta la vita. Ogni nucleo familiare è composto da una Mamma e un Papà a cui vengono assegnati un maschio e una femmina opportunamente partoriti da donne adatte allo scopo e allevati da una squadra di Puericultori. Non esistono guerre, né differenze sociali, malattie o sofferenze; anche il dolore e qualunque pulsione, come quella sessuale, sono stati farmacologicamente eliminati. L'individuo non esiste in quanto tale, ma solo come elemento che compone un delicato ingranaggio: il bene della Comunità è l'unico fine da perseguire, attraverso ferree e crudeli regole da rispettare.
Questo mondo perfetto e
sterile, creato dagli uomini per eliminare ogni possibile elemento di disturbo,
non conosce i colori, gli odori e le stagioni, ed ogni suo abitante si muove
come un automa per essere utile alla collettività; coloro che non lo sono più,
come i vecchi, o che non lo sono mai stati, come i neonati imperfetti o
irrequieti, vengono congedati.
I membri della Comunità
accettano docilmente le regole senza desiderare un'esistenza diversa che non
hanno mai conosciuto... nessuno, tranne uno: l'Accoglitore di Memorie, colui
che conserva, attraverso i ricordi delle passate generazioni, la storia del
mondo come era prima di quel momento, sopportandone il dolore e la sofferenza.
Il protagonista della nostra
storia è Jonas, un Undici che sta per diventare un Dodici attraverso una
cerimonia importantissima che segna definitivamente la fine dell'età della
fanciullezza per ogni ragazzo che, da quel momento, inizia ad essere finalmente
importante e produttivo per la
Comunità : è in quell'occasione che gli Anziani decidono quale
sarà il lavoro che andrà a svolgere, dopo averlo osservato attentamente nel
corso degli anni ed averne decretato le attitudini.
Jonas non sta più nella
pelle, anche se le emozioni sono una cosa sbagliata, da contenere e da non
mostrare mai agli altri che ne potrebbero venire turbati; e rimane quasi
sconvolto quando gli viene comunicato di essere prescelto: lui sarà il
nuovo Accoglitore di Memorie, la figura forse più importante e onorevole della
Comunità.
Attraverso un durissimo
addestramento, Jonas riceverà i ricordi di colui che, da quel momento,
diventerà il Donatore. In quel periodo, il nostro giovane protagonista
conoscerà il dolore, la fame, la guerra e la sofferenza, l'odio ma anche la
gioia, il calore di una famiglia vera e il reale significato delle parole amore
e affetto. E qualcosa cambia in lui; sì, perché Jonas è diverso dagli altri: ha
la capacità, attraverso i suoi strani occhi chiari differenti da quelli della
Comunità, di vedere Oltre, di percepire cioè il colore degli oggetti; e
anche di sentire un qualcosa di bellissimo che si chiama musica. E' così
che inizia a domandarsi se è giusto vivere in un mondo tutto uguale, dove le
differenze non ci sono; e se, invece, fossero proprio le differenze a rendere
gli individui migliori? E se, anche sbagliando, fosse più giusto poter
scegliere? E si chiede cosa ci sia fuori dalla loro Comunità, verso un Altrove
che ha visto solo attraverso i ricordi stanchi di un vecchio Donatore...
Devo confessare che,
nonostante le ripetute insistenze di un'amica (benedetta lei!), non avevo
voluto avvicinarmi a questo libro perché le atmosfere cupe non mi allettavano
per niente e perché si trattava di una fantasy di tipo diverso da quelli che di
solito prediligo; ora posso dire con certezza che avrei commesso un errore
madornale perché The Giver, il primo di una trilogia, è un romanzo bellissimo,
uno dei migliori che abbia mai letto.
Crudo e spietato, potente e
doloroso come un cazzotto alla bocca dello stomaco, questo piccolo capolavoro
rapisce il lettore dalla prima all'ultima pagina, catapultandolo in una
dimensione angosciante dove la percezione dell'io viene annullata.
Pubblicato la prima volta
nel 1993, The Giver ha ricevuto numerosissimi e meritati premi e
riconoscimenti, ed è stato censurato in moltissime scuole americane perché
accusato di trattare troppo esplicitamente temi considerati tabù; alla luce del
tesoro che ho scoperto dopo averlo letto, non credo di esagerare nel dire che,
invece, dovrebbe essere adottato come libro di testo per insegnare ai giovani i
rischi che si corrono quando l'uomo e il progresso scientifico si spingono
troppo oltre, quando non si può scegliere e quando si perdono i ricordi. La
memoria, la nostra e quella delle generazioni prima di noi, è forse il bene più
importante e prezioso che abbiamo, e tramandarla a chi verrà dopo è un qualcosa
a cui, per evitare di perdere noi stessi, non possiamo assolutamente
rinunciare. Ma questo libro dovrebbero leggerlo anche gli adulti, per guardare
in faccia una società che rischiamo pericolosamente di creare: la ricerca
ossessiva della bellezza e della perfezione, della felicità a tutti i costi,
l'uniformarsi a standard considerati universali, tutto questo porta
inesorabilmente verso una sola uguaglianza: quella dell'infelicità di tutti.
Ho amato The Giver in ogni
suo aspetto, nella trama, nello stile narrativo semplice e chiaro, nei messaggi
nascosti fra le sue righe e persino nella copertina: le due mani di un vecchio
che libera i ricordi che hanno la forma di farfalle colorate incarna alla
perfezione, secondo me, l'anima delicata e poetica di questo romanzo.
Ho provato rabbia e
frustrazione per le regole assurde imposte alla Comunità, ho pianto e sofferto
per il congedo, un modo elegante per definire l'eutanasia dei vecchi e
l'infanticidio programmato dei neonati, ho covato il desiderio di ribellione e,
alla fine, ho volato insieme ai due piccoli protagonisti giù dalla collina
innevata con la speranza che mi scaldava il cuore... In altre parole, non ho
potuto impedire che The Giver mi entrasse dentro, invadesse i miei sensi,
toccasse le più profonde corde della mia anima e vi rimanesse per sempre.
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