E Bléville merita di essere distrutta. In attesa che l'evento si compia, l'affascinante Aimée si muove determinata e senza la minima partecipazione emotiva come una macchina assassina. Il suo cuore è freddo, oggettivo come la scrittura di Manchette, la sua coscienza apparentemente assente. Esegue la sua opera con metodo. Altri la seguiranno in questo sporco lavoro con eguale dedizione. Tutti dediti al nulla di una causa che non ha bisogno di spiegazioni, solo di sangue.
PUBBLICATO DA: Einaudi editore
FATALE: LE PRIME 124 PAGINE (edizione italiana)
Se il negativo è la caratteristica
distintiva del noir, Fatale mostra di essere esemplare,
una specie di canone definitivo. Nel
romanzo il positivo non viene sconfitto. Semplicemente non esiste in partenza e
non si trova strada facendo. E’ negativa la vicenda: un sicario, una donna, dopo un viaggio in vagone letto- memorabile il passo: consuma convulsamente un cena a base di choucroute
(crauti, salsiccia e lardo), innaffiandola di champagne- giunge in una cittadina di provincia e si
mette in cerca delle persone che contano.
Senza mezzi termini, dice la donna, i ricchi. Il denaro e/o il sesso
d’altra parte sono delle costanti nell’opera di Manchette. Il sicario mira al
loro denaro e per ottenerlo uccide
spietatamente. La reazione dei bersagli
porterà a una specie di scontro finale dove moriranno tutti: la penultima scena
vede l’assassina uscire gravemente ferita dall’auto che ha sbandato in una curva.
E’ radicalmente negativa la
protagonista: tecnicamente perfetta, funziona sistematicamente come una macchina di morte efficiente e spietata. Un
solo obiettivo: il denaro. Un solo mezzo: l’assassinio. Niente altro. I
bersagli non sono peraltro migliori di lei, anzi, sono peggio. Avidità di
denaro e potere, condita da rancori: la
loro pasta è questa. Naturalmente ben
nascosta da rituali e comportamenti stereotipati. Il tema dell’ipocrisia. Malvagi e vili,
essenzialmente. Unica parziale
eccezione, i comportamenti psicotici di un barone. Sembrano un indizio di
lacerazione liberatoria, di verità introdotta in forma obliqua e distorta. In
realtà il barone funziona da giullare,
come nel medioevo: facendosi beffe del
banno signorile, ne conferma in realtà la sostanza e ne sottolinea
l’immutabilità. L’ambientazione è coerente. Tutto accade a Bléville, un’anonima cittadina di provincia. In questo teatro le
persone comuni non hanno rilievo. Sono il fondale della scena. Sotto i
riflettori stanno i potenti, quelli che
contano e le loro trame, ora losche ora squallide, spesso losche e
squallide.
Una realtà sociale disperata, inchiodata a schemi perversi. Manchette poi non introduce alcuna
compensazione, neppure la musica che
negli altri suoi noir aveva sempre trovato posto. Il punto di vista è quello di un osservatore impersonale e perfettamente
neutrale. Quasi una macchina da
scrittura che senza partecipazione adopera con precisione chirurgica le parole
che servono e solo quelle che servono a fissare la sostanza delle cose
osservate: delitti, sordide passioni, omertà. Solo questo e niente altro che
questo. Fatale nel senso letterale
del termine: in quella cittadina di provincia il negativo si è dato
appuntamento con se stesso per auto-celebrarsi. Non c’è spazio per nessuno e
per niente altro. Una partita dove
giocano solo i pezzi neri su una scacchiera nera fino allo scacco matto ,
stabilito fin dall’inizio. Negativo, spettrale, macchinale: Fatale
appare il noir perfetto.
FATALE: DUE STRANEZZE
In questo micro-cosmo
coerente emergono però due stranezze, due note dissonanti. La prima
subito, nel frontespizio. Riporta una dedica, in francese anche nell’edizione
italiana: A’ ma bien-aimée.
Manchette dedica il suo noir più radicale alla persona del
cuore.
Seconda stranezza, l’assassina professionista protagonista
del romanzo si chiama Aimée cioè Amata.
Il nome indica una scelta di campo affettiva, una
predilezione esplicita . E se 1+1 fa due,
Manchette sceglie di chiamare un’assassina con l’epiteto che adopera
nella dedica. Eppure, abbiamo visto,
niente è più lontano dall’amore di questo romanzo. Almeno fino alla 124esima pagina
dell’edizione italiana
FATALE: LE ULTIME
DIECI RIGHE E MEZZO
Le ultime dieci righe e mezzo.
Qui cambia tutto. Sembra un altro romanzo.
Cambia il punto di vista. Lo
scrittore abbandona la neutralità ed entra in campo come persona in carne e
ossa che immagina, ama e ammira. Cambia
lo stile: la neutralità distaccata cede il posto a un lirismo sia pure senza
smancerie. Cambia Aimée, l’assassina. Non è più ferita, ma, “bellissima e
intatta”, la vediamo ascendere “senza sforzo”
le pendici di una montagna.
Infine Manchette chiude il cerchio come l’aveva cominciato, con una
dedica. Meglio non svelarla per non
togliere il piacere della scoperta a chi volesse leggere il libro.
CONCLUSIONE
Aimée alla fine appare
“bellissima e intatta” e forte. Da amare
e ammirare. Come è possibile? Un’assassina senza cuore che poco prima avevamo
lasciato ferita a morte? E la freccia di una trama fosca e disperata che va a
configgersi in un cerchio dove si iscrivono bellezza, eleganza e purezza. Una trasformazione sbalorditiva. Come
spiegarla? Con una deriva surrealista di Manchette, mai surrealista
altrove? O con un circuito più profondo?
Non saprei. So solo che associo spontaneamente Fatale a una conversazione avuta con MD***, una cara amica. Lei è una studiosa ad
alto livello dell’Induismo . Quel giorno MD*** mi ha parlato di Kali, la dèa terrifica dalle molte
braccia che circola con una collana di teste mozzate. Mi spiegava che a onta delle apparenze, Kali
è la dèa compassionevole per eccellenza, la più materna delle dèe perché in lei
la distruzione agisce da vettore della
trasformazione e della purificazione. Lo
specchio della nostra parte oscura che ci emancipa dai demoni, donandoci uno
spazio di libertà e consapevolezza.
GIUDIZIO
Fatale, un grande noir, sicuramente. Un grande romanzo di formazione, forse.
Pillola sull’autore
Jazzista e melomane- nei suoi romanzi trovano quasi sempre
posto tra gli altri Charlie Mingus, Gerry Mulligan, Chick Corea, ma anche Maria Callas e Brian Ferry- il marsigliese Jean-Patrick
Manchette è considerato dai critici e dagli estimatori del noir uno dei grandi protagonisti di questo genere letterario (o sotto-genere, come lo
definiscono alcuni, comunque inventato da Edgar Allan Poe).
Per chi mastica il francese esiste un sito- http://www.jean-patrick-manchette.fr/
- con tanto di forum che dice veramente tutto di Manchette, anche delle opere
scritte sotto pseudonimo e dei suoi lavori giovanili. E’ facile comunque
trovare sul web fonti precise e accurate su di lui e la sua opera anche nella
nostra lingua.
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