26 Dicembre, h. 17.00: LUI
«Dio vi doni felicità e riposo, signori /
e che nulla al mondo possa costernarvi»
Le note di un tradizionale canto natalizio
inglese risuonano in serene armonie, scivolando intorno alle colonne dipinte e
volando tra le volte affrescate dei soffitti.
L'antica chiesa gotica di San Domenico,
situata in pieno centro storico, è quasi deserta: non c'è tanta gente in giro
nel giorno successivo al Natale, alcune persone passano oltre, coloro che
entrano sostano solo qualche minuto poi escono, pronti a rituffarsi nel
tran-tran delle brevi ferie festive.
Di fuori le luminarie - stelle comete gialle, scritte rosse che dicono "Auguri" e sagome verdi di abeti - rifulgono in alto, appese a fili invisibili; di dentro solo pochi fari sono accesi, creando nella chiesa una gradevolissima penombra che ben si adatta alla musica diffusa.
All'inizio della navata centrale, su uno
dei banchi a sinistra, siede un uomo. Se ne sta quasi sull'estremità del rigido
asse di legno massiccio, con i gomiti appoggiati alle ginocchia e la testa tra
le mani: la sua schiena incurvata è a tratti scossa da un brivido appena
percettibile.
Egli è giunto lì intorno alle quattro e da
lì non si è più mosso: che sia assorto in preghiera o in personali riflessioni
nessuno lo potrebbe dire. Due volte ha sollevato lo sguardo e, in entrambi gli
attimi, un lampo di sofferenza è balenato nei suoi occhi.
Lassù sull'altare, nella direzione in cui
l'uomo ha guardato con esitazione, come se la visione fosse per lui dolorosa,
si trova un piccolo Presepio: statue di fattura antiquata e dai colori solo un
po' sbiaditi dal tempo raffigurano la Sacra Famiglia e gli animali domestici
che, per tradizione, hanno scaldato con il loro fiato il Bambinello.
Per una terza volta l'immoto visitatore
alza la testa: contempla per un istante quella creatura di legno intagliato che
sta lì come un bimbo vero, con le piccole braccia spalancate, un tranquillo e
dolce sorriso sul viso roseo, una camiciola di stoffa bianca sul corpo,
circondato da vasi di stelle di Natale e piante di agrifoglio. Lo fissa con
trasporto, quasi a voler comprendere ciò che resta un mistero: gli occhi
dilatati, la bocca socchiusa in un anelito, il busto proteso in avanti, come se
non solo nello spirito ma anche fisicamente gli fosse necessario raggiungere
qualcosa che, invece, pare rifuggire.
Con un sospiro soffocato egli si abbandona
di nuovo nella posizione iniziale, serra le dita intorno alla fronte e il nome
di Dio gli esce dalle labbra insieme a una domanda disperata: «Perché?».
«per salvarci tutti dal potere del diavolo
/ quando noi ne eravamo stati fuorviati»
Ma salverà anche lui? Salverà anche
quest'uomo dall'infelicità, quando ogni certezza della sua vita si è sgretolata
ed ogni sicurezza è crollata come un castello di carte? Dipende forse
dall'avere così poca fede, perché è facile sentirsi in pace con il Cielo nei
momenti di luce, ma nei momenti bui, invece... ma può quel Figlioletto celeste
restituire la quiete e la felicità? Può Egli rimettere a posto ciò che
all'occhio dell'uomo pare distrutto irreparabilmente? Può riaccomodare un vetro
infranto, un ramo spezzato, un cuore andato in pezzi?
Era Natale, ieri, e lui è rimasto tutto il
giorno chiuso a chiave in una stanza d'albergo: non è neppure andato a Messa, e
non perché non lo volesse... ma perché non c'era lei, e da quando lei
non è più nella sua vita sembra che la vita stessa abbia smarrito ogni
senso.
...
26 Dicembre, h 16.47: LEI
La donna ha ordinato un caffè più di
mezz'ora fa, ma il liquido nero è sempre lì nella tazzina e ormai sarà gelato;
lei, seduta a un tavolino d'angolo nel tepore di un bar, osserva la via quasi
vuota: vi scorge solo pochi passanti frettolosi, ancora un po' storditi dai
bagordi del Natale, imbacuccati in cappelli e cappotti.
Il gomito sull'orlo del tavolo e il mento
nell'incavo della mano, ella si è dimenticata del caffè e di tutto ciò che la
circonda: una morbida sciarpa di lana bianca le cinge la gola, il viso è un po'
arrossato dal caldo ma lei non se ne cura. Osserva i radi fiocchi di neve che
hanno iniziato a scendere da un po': creano uno strano effetto contro le
luminarie, prima di scomparire nell'aria e sciogliersi sull'asfalto sporco...
«"Dunque non abbiate paura"
disse l'angelo / "e che nulla al mondo vi spaventi"»
Si riscuote come da un sogno quando la
canzone che suonano alla radio la raggiunge: è un inno inglese che ha sentito
di rado ma che le ha sempre trasmesso un senso di pace e rinnovata sicurezza, e
ogni parola del testo diventa una Verità con la V maiuscola, qualcosa di cui
non c'è ragione di dubitare, qualcosa a cui è necessario credere perché è di
certo così.
Eppure, in quel momento, lei ha paura: una
paura viscerale, un terrore che le attanaglia l'anima con artigli freddi e
affilati, un'angoscia che la tormenta da giorni, da settimane.
«In questo giorno è nato un Salvatore / di
puro e virginale splendore»
La bocca della donna si piega in un
sorriso lieve e malinconico: puro e virginale come quella neve bianca, candida,
immacolata che scende lentamente dai cieli più alti... così era, e così doveva
restare il loro Amore, un Amore perfetto e solido, un Amore senza falle né
crepe... ma poi, proprio come quei fiocchi impalpabili e bellissimi, è
scivolato giù, sempre più in basso, e infine si è disfatto sul duro suolo e si
è insozzato, smarrendo per sempre il puro e virginale splendore...
...
27 Novembre, h. 19.30: LEI/LUI
«Sei impazzita, per caso?».
«Mi prendi per stupida? Hai un'altra e
credi che intenda sopportarlo?».
Voci rabbiose si alzavano dalla villetta
sull'angolo della via: urli di donna e grida d'uomo, e già da qualche mese i
vicini udivano anche senza volerlo le feroci liti che, nelle ultime settimane,
erano all'ordine del giorno.
Per altri cinque minuti gli insulti e le
recriminazioni continuarono, in un crescendo che faceva temere il peggio:
quanti delitti cominciano così, con discussioni sempre più violente fino a
sfociare nel sangue e nella tragedia! Ma quello era un quartiere residenziale,
lì certe cose non accadevano e gli abitanti dei villini confinanti si
guardavano bene dall'intromettersi, e tantomeno dal chiamare la polizia.
Quella sera, però, di colpo com'era
cominciato, il litigio ebbe termine: l'uomo venne spinto a forza fuori dalla
casa e la donna, prima che lui potesse reagire, gli scagliò addosso una valigia
piena che s'incagliò sul vialetto d'ingresso e cadde sulla pietra.
«Vai via! Non voglio vederti mai più!». E
poi, a soffocare le proteste, ecco il frastuono della porta sbattuta con rabbia,
il rumore della serratura blindata, e infine più niente, solo un assordante
silenzio.
Mai più... mai più... nella luce livida
della sera, sotto una pioggia che pareva una cascata inarrestabile di aghi
appuntiti, quelle parole gridate con accento rabbioso e pieno di un sordo
dolore sembravano riecheggiare senza sosta, e le finestre illuminate delle case
vicine erano altrettanti occhi che si facevano beffe dell'uomo, perché gli
altri, almeno in apparenza, sembravano condurre una vita tranquilla.
Egli aveva le chiavi in tasca ma non le
toccò; rimase immobile e silenzioso sotto l'acqua battente, provando un morboso
e disperato piacere nel sentire il freddo intirizzirgli le ossa e procurargli
brividi di febbre. Il cappotto, che non aveva neppure avuto tempo di togliersi
quand'era arrivato, era fradicio, i pantaloni nulla più che una macchia scura e
umida, la pioggia gli colava sul viso e sul collo e, forse, gli dava
l'illusione che nient'altro gli bagnasse le gote: un uomo non deve piangere,
mai, e lui lo aveva tacitamente promesso a lei, in un tempo che sembrava tanto
lontano. «Sarò forte per te perché è l'unico modo che ho per espiare. Piangi,
tesoro mio, piangi tutte le tue lacrime e io sarò qui a raccoglierle e a darti
il mio petto su cui nascondere e affogare il tuo dolore».
E ora chi ci sarebbe stato per lui, per
raccogliere e annegare il suo dolore? Un bicchiere di alcool in un bar,
un solitario letto in un hotel...
E lei, scivolata a terra con la schiena
contro la porta, seduta sul freddo pavimento di marmo, fissava un punto di
fronte e ascoltava la pioggia che cadeva, cadeva, cadeva come un'ipnotica
ninnananna... e gli ansiolitici e i sonniferi facevano effetto... ma quante
gocce per dimenticare? Quante, per non gridare più? Per ritrovare una pace che
pareva ormai un relitto del passato, una serenità all'apparenza non più
raggiungibile... ma era tutto finito. Mai più.
Erano lui e lei, lei e lui, ma non più loro:
mai più.
...
26 Dicembre, h. 17.01: LUI
«e lasciarono le loro greggi al pascolo /
nella tempesta, nell'uragano e nel vento»
L'uomo, con il viso celato tra le mani,
piange silenziosamente.
Potrebbe esserci la chiesa piena di
persone e lui non se ne curerebbe; per un misericordioso disegno divino, però,
o per caso, nessun occhio curioso si trova lì per osservare quelle lacrime.
Tempeste, uragani e venti di varia
intensità si sono abbattuti sulla sua vita, e da tutti è riuscito a venire
fuori... ma non dall'ultimo, terribile dramma: sette mesi prima, quando la più
grande gioia si è bruscamente tramutata nel più grande dolore, quando ha avuto
inizio la fine.
Ogni giorno il ricordo gli sta davanti,
giudice eretto e accusatore, impresso a fuoco nella coscienza: una sciocchezza
pronunciata per gioco, una distrazione, un singolo e breve secondo che ha
cambiato tutto.
«e andarono senza indugio a Betlemme / per
trovare il Bambino Benedetto»
Invece il loro bambino, di cui non
sapevano neppure ancora se fosse maschietto o femminuccia, il loro primogenito
che avrebbe dovuto nascere proprio nel periodo di Natale, se n'è andato a due
mesi, due mesi dopo essere stato concepito, senza aver potuto aprire gli occhi
alla luce del sole, senza aver potuto allungare le piccole braccia o stringere
i pugnetti paffuti, senza aver potuto schiudere la bocca rosea in un sorriso
verso i suoi genitori. Ed è stata colpa sua, tutta colpa sua perché si è girato
verso di lei e non ha guardato la strada mentre guidava, e così per evitare di
schiantarsi contro un camion sono finiti fuori strada, e l'attimo dopo... il
sangue sulla fronte, il corpo inerte trattenuto dalla cintura e abbandonato di
lato, e poi il panico, le sirene, l'affanno...
Egli si passa con furia il dorso della
mano sul viso, asciugandosi gli occhi e il naso, e sa quale misera immagine dà
di sé: lacrime violente che devono uscire per non esplodere dentro il cuore, e
tuttavia non vi è mai stato tempo per versarle perché, nel desolato silenzio
del dopo, ci sono state le lacrime di lei da asciugare, c'è stata la
testa di lei da accogliere sul proprio petto, c'è stato quel corpo
singhiozzante di donna da stringere tra le braccia... e infine c'è stata la
colpa di lui che bruciava come fuoco.
È accaduto poco tempo dopo l'incidente,
quando quel terribile rimprovero ha preso forma, insinuandosi tra di loro come
un veleno lento ma letale: la colpa, l'orribile parola che ha
incominciato a perseguitarlo, ed era un rimprovero vero e meritato, e lui è
caduto in una tristezza non priva di una speranza chiamata Tempo. Il tempo che
risana ogni ferita avrebbe steso una nebbia d'oblio anche su quella ferita
sanguinante, e se non si poteva dimenticare completamente si poteva, anzi si
doveva tornare a vivere con un cuore più leggero e un'anima riappacificata.
Ma così non è stato: sono umani, e non vi
era una sola sofferenza in quella casa ma ve n'erano due, e anche
lui era stanco e provato, e così i litigi, le discussioni, le liti scoppiavano
per una parola, un gesto, uno sguardo sbagliati. Lei prendeva medicine
su medicine e lui avrebbe voluto scagliare nella spazzatura tutti quei flaconi,
avrebbe voluto scrollarla e stare di nuovo con lei, di notte, e ricostruire un
nuovo presente sulle macerie del passato, e non vederla scivolare sempre più
giù, ossessionata dalla colpa che forse sentiva anche propria per averlo
distratto con le sue chiacchiere femminili mentre lui guidava.
Era una caduta continua giù da un baratro,
senza un ramo a cui aggrapparsi, e un mese prima, alla fine, s'era aperto sotto
di loro il vuoto ed erano precipitati: lei aveva scoperto una mail. Era lo
stupido e provocante messaggio di una collega di lui, una collega un po' troppo
audace, un pugno di frasi di sboccata passione per un uomo che non aveva la
minima intenzione di andare a letto con un'altra, per un uomo che amava sua
moglie di un amore profondo e sincero...
Se mai esisteva al mondo un sentimento
quasi ideale, un legame matrimoniale quasi perfetto, ecco, era stato il loro...
prima dell'urto, prima che la nave iniziasse a imbarcare acqua e colare
a picco. Ma dopo lei non aveva sentito ragioni né giustificazioni: un
tradimento oltre alla colpa, ed era stato il punto di non ritorno.
I cancelli dell'Eden sono stati chiusi a
chiave e lui ne è stato scacciato: fuori, al freddo e al gelo, nelle tempeste,
nell'uragano e nel vento, condannato all'infelicità.
Mai più, mai più, mai più...
...
26 Dicembre, h. 16.49: LEI
«lo trovarono in una mangiatoia / dove il
bue si nutriva di fieno»
Ha ancora di fronte la terribile scenata
accaduta a casa dopo il ritorno dall'ospedale: la ricorda come si ricorda un
incubo, nettamente e orribilmente senza poter dimenticare.
Non appena avevano saputo della
gravidanza, ebbri di gioia, si erano affrettati in una specie di frenesia
giocosa a preparare ogni cosa... e poi c'erano stati l'incidente, il dolore,
un'anestetica camera operatoria, e infine il mesto e sconsolato ritorno.
Ode di nuovo il proprio grido di rabbia
impotente, rivede se stessa mentre si scagliava sulla culla e sulle tutine, sui
ninnoli e sui peluche; era caduta in ginocchio, piangendo, ed era rimasta lì
come un angelo di distruzione, tra il lettino rovesciato e i peluche fatti a
pezzi, sotto gli occhi attoniti e vuoti dell'uomo che, senza osare fermarla,
s'era appoggiato alla soglia della cameretta come un uomo che dovesse
sostenersi per non crollare a terra.
Un giaciglio di stracci le sarebbe
bastato, per quel piccolo mai nato, perché il suo amore di madre gli avrebbe
donato tutto il calore di cui avrebbe avuto bisogno per la vita; ma non erano
servite né culla né mangiatoia, né villetta né stalla per la povera creaturina morta
anzitempo.
Incurante dello sguardo indiscreto del
barista che, con un bicchiere e una spugna in mano, la osserva, la donna
respinge la tazzina di caffè ancora piena e poi si preme le dita sulla bocca
per soffocare un singhiozzo. Quante volte ha pianto stretta a suo marito e,
all'inizio, per quante notti l'ha respinto dal loro letto finché, gradualmente,
lui non è più venuto. Silente e mansueto come un'ombra si è adattato ad ogni
suo capriccio, ad ogni isterismo, per giorni e settimane... e poi...
Ella si copre il volto per una sorta di
pudore, per celare le proprie lacrime: lo vede, ora, lo vede bene come una
scena nitida e chiara dopo aver assistito allo stesso film su uno schermo
sfocato. Il sacrificio, il paziente annullamento di sé che lui aveva accettato,
e tutto per lei, perché lei trovasse il coraggio di riemergere dal pozzo in cui
era caduta; e invece lei aveva continuato ad affondare e vi aveva trascinato
lui.
Quando erano cominciate le liti?
Discussioni che divampavano per ragioni inesistenti, a causa della loro
crescente stanchezza, di quello stato d'animo che era come una morte interiore,
ora dopo ora: la colpa, la colpa che lei gli aveva rinfacciato,
ma che forse non era stata che una fatalità, e forse il disastro sarebbe
accaduto comunque, lì o altrove, allora o in un altro momento. Eppure lei non
aveva ancora perdonato.
E poi, un mese prima, quella mail scoperta
per caso, mentre cercava nella posta di lui tutt'altro messaggio: voleva
rintracciare una banale ricevuta per controllare il conto in banca, aveva
trovato, giunta quasi in quell'istante, un'ardente lettera di passione firmata da
una donna, e indirizzata senz'ombra di dubbio al suo uomo... e allora, dopo
averla riletta venti volte, ferocemente e selvaggiamente per imprimersela in
mente, per accertarsi di non essere vittima di allucinazione, si era lasciata
cadere su una sedia e lì era rimasta per ore, e l'unico sintomo di vita era il
respiro corto e affannoso...
E poi, dopo, tutto assumeva i contorni del
sogno delirante: i vestiti di lui gettati in un trolley, il suo spazzolino, il
rasoio, l'acqua di colonia, gli indumenti più intimi, e poi le urla, le accuse,
l'intimazione - mai più! - che si ripeteva, rimbalzava sulle pareti e nella
strada nebbiosa e bagnata, e la porta sbattuta, e le orecchie turate per non
sentire più niente, per cancellare quell'affronto orribile, orribile...
un'altra donna tra le braccia di lui, un'altra bocca femminile su quella bocca
maschile che apparteneva a lei sola, e lei non aveva potuto, saputo, voluto
sopportare, né sentire spiegazioni, né perdonare.
«Sua madre Maria, inginocchiata accanto al
Signore / pregava»
Lui non si era messo in ginocchio
fisicamente, ma nello spirito si era forse ridotto a strisciare davanti a lei
pur di farsi ascoltare: telefonate, sms, mail, persino una lettera scritta a
mano e imbucata di persona nella cassetta vicino al cancello... ma non gli
aveva mai risposto, mai. Serratura e numero cambiati, e una settimana prima
l'uomo aveva smesso di cercarla: d'altronde l'aveva udita bene quando gli aveva
gettato contro quelle parole, e "mai più" significa soltanto una
cosa.
La donna solleva gli occhi arrossati e
guarda il mondo di fuori: qualche bambino sorridente per mano ai genitori,
coppie giovani e anziane, gruppetti di adolescenti... ieri era Natale e lei
l'ha trascorso da sola, chiusa in una casa senza decorazioni, senza albero,
senza Presepio, senza aver voluto vedere nessuno della sua famiglia perché la
sua famiglia era lui e lui non era lì, e lei non voleva nessun altro a
intromettersi nel suo dolore. Un Natale senza niente, perché non ha avuto
voglia di fare niente... e poi la colpisce un inaspettato pensiero: forse anche
lui è stato solo, solo come un cane, da qualche parte della città.
Nonostante tutto, a dispetto
dell'adamantina convinzione di aver ragione, rammenta alla perfezione quella
lettera scritta a mano, le mail, gli sms, i messaggi lasciati nella segreteria
vocale, e tutte le spiegazioni e le giustificazioni si traducono in poche,
semplici parole: «Almeno per questo io non ho colpa! Non ti ho tradito, non
l'ho mai voluto, non ho mai incoraggiato l'altra
né nessun'altra».
Avverte un tuffo nel petto e, per la prima
volta dopo mesi, nonostante le dosi quotidiane di medicinali la gettino in una
specie di continuo stordimento, le pare di essere lucida e di comprendere:
neppure per la perdita del suo, no, del loro bambino lei ha diritto di
accusarlo, e tantomeno per questo supposto tradimento coniugale. Lui ha cercato
di chiarire il malinteso, lo ha tentato in tutti i modi possibili e
immaginabili, e lei invece ha eretto un muro, l'ha giudicato colpevole e
condannato e ha rifiutato qualunque idea che potesse opporsi alla sua
convinzione.
Ha fatto questo, eppure non c'è stato
istante in cui, come una spina conficcata in profondità, la solitudine e
l'abbandono l'abbiano lasciata in pace; no, nemmeno per un momento, mentre la
coscienza annebbiata dal risentimento, dal puntiglio, dalla depressione, le
gridava l'amore di lui, l'innocenza, la fedeltà.
E come ha ella ripagato tutto ciò? Come ha
ricompensato l'abnegazione, la devozione, e quello sguardo triste che per mesi
l'ha guardata impotente, incapace di trovare una soluzione mentre lei si
lasciava andare e, quasi volutamente, continuava ad affondare senza reagire,
senza far caso alla mano sempre tesa?
Le sfugge un sospiro dalle labbra, un
sospiro che sale dalle fibre più intime e dagli abissi dell'anima. Si solleva
con gesti quasi meccanici, estrae delle monete e le lascia accanto al caffè,
poi s'infila il cappotto e se ne va, senza salutare, senza guardarsi intorno,
mentre alla radio le ultime note della canzone si spengono dolcemente.
...
26 Dicembre, h. 17.04: LORO
Vuole andare nella chiesa dove si sono
sposati: come le voglie che assalgono le future mamme, lei è stata assalita da
questo desiderio spasmodico e insopprimibile. Cammina in fretta per il centro
storico, godendo, per la prima volta dopo mesi, di qualche cosa: il nevischio
sul viso e l'aria fredda sulla pelle le sembrano stranamente belli e piacevoli.
Ogni suo pensiero è focalizzato sul portale di legno spalancato, sulle antiche
pietre del pavimento, sul Presepio che certamente avranno allestito...
Vuole vedere il Bambino, vuole
inginocchiarsi anche lei, vuole piangere ancora e forse, stavolta, saranno
lacrime di espurgazione, e il suo cuore potrà tornare limpido, e poi... poi...
lo cercherà, se lui vorrà essere trovato, e gli parlerà, se lui vorrà ancora
ascoltarla... e forse, forse potranno esserci un nuovo presente, un nuovo
futuro, e un'altra culla per una nuova vita.
Entra, esitante e quasi timorosa, e come
un'eco la accoglie di nuovo quel bellissimo canto, sentito alla radio del bar
in una versione celtica e un po' pagana e interpretato in chiesa da voci
gregoriane:
«Ora al Signore cantate lodi / voi tutti
che vi trovate in questo luogo»
Respira con forza: c'è un vago tepore
nell'aria, si avvertono profumo d'incenso e odore di fumo di candele. La musica
continua, lenta e solenne, attraverso invisibili altoparlanti, accompagnando i
suoi passi incerti.
Da lontano scorge ciò che ha anelato di
vedere: il Presepio, meraviglioso nella sua semplicità. Ce n'è anche uno molto
più grande che occupa un'intera cappella laterale, con muschio, rami, persino
una vaschetta con dei pesci rossi, ma è diverso: questo è adatto per essere
ammirato mentre l'altro più semplice, sull'Altare, con soltanto Giuseppe e
Maria amorosamente inchinati su Gesù Bambino e attorniati dal bue e
dall'asinello, suscita la preghiera e innalza l'anima verso i cieli.
La donna si arresta a metà della navata e
si preme una mano sul seno, come a voler trattenere la corsa del cuore: c'è un
uomo laggiù, nei primi banchi... un uomo curvo, ripiegato su se stesso...
Non può vederlo in volto eppure sa chi è;
lo sa, e sa perché è lì: nei quattro anni passati, sempre, immancabilmente,
loro erano abituati a venire insieme in questa chiesa quasi ogni giorno,
durante le festività di Natale. Una preghiera per loro e il loro Amore, un
ringraziamento per un altro anno trascorso, un rito per ricordare le nozze e
rafforzare all'ombra di Dio il tenero legame che li univa.
E quest'anno, invece, ci sono venuti, sì,
ma separati, con il petto gonfio di tristezza e il viso sfigurato dalle
lacrime; lui piange, piange da straziare il cuore, e sembra che non gli importi
di nulla... che qualcuno possa vederlo, sentirlo, inarcare le sopracciglia
perché comportamenti di questo genere sarebbero da tenere chiusi nella propria
casa, perché in pubblico bisogna portare una maschera...
Ella barcolla e deve appoggiarsi a una
colonna, ma non è che un istante; riprende ad avanzare, e la sua mente brucia:
se la rifiuterà, se la scaccerà da sé... ma no, non vuole pensare a questo.
Forse, invece, potrà ripagarlo, forse stasera sarà lei a raccogliere quelle
lacrime, a confortarlo, a lenire il suo dolore...
«e in vero amore reciproco / abbracciatevi
ora l'un l'altro»
Egli non si è accorto di lei; la schiena
sussulta sotto una disperazione che lo assale con violenza crescente, le
orecchie rimbombano del suo stesso pianto e non ode più quelle note, non ode la
voce del canto che assomiglia a un coro di angeli.
Sobbalza quando qualcosa gli sfiora la
spalla; si solleva di scatto e vuole girarsi, imbarazzato per essere stato
colto così da un estraneo, e allora il suo volto congestionato incontra i
lineamenti a cui non ha smesso di pensare neppure per un momento, in quel
lungo, interminabile mese di separazione...
La donna lo guarda negli occhi e vi legge
in un riflesso lo stesso inferno che ha passato lei, nelle notti insonni e
nella nausea di quei giorni di solitudine.
Il suo braccio scivola sulle larghe
spalle, i capelli ricadono sul viso mal rasato e lacrime di commozione bagnano
la fronte dell'uomo.
La mano di lui, un poco tremante,
raggiunge la testa fiduciosa che gli si abbandona contro e l'accarezza, poi,
con un movimento convulso, si rizza in piedi come a volersi divincolare, ma è
solo un momento: prende la donna tra le braccia e la stringe a sé in un
abbraccio muto e forte.
Nessuno di loro due ha pronunciato una
sola sillaba, ma non è tempo per vane parole: non sarà più "mai più",
ora, ma «novella di conforto e gioia / in questo tempo santo del Natale».
Nessun commento:
Posta un commento