Quell’inverno fu uno dei più freddi a
Gualtieri, giorni e giorni di grandi nevicate. Tutto era imbiancato e candido
come una torta di compleanno ricoperta di pasta da zucchero sulla quale era
sbadatamente caduto un vasetto di zucchero a velo, la torre dell’orologio era
l’unica cosa che spuntava come una specie di candelina. Mario giocava coi suoi
amici e anche se veniva da questi chiamato Piscialetto,
perché una notte in colonia aveva bagnato il letto senza volere, si divertiva a
costruire pupazzi di neve dal naso di carota oppure lanciava palle di neve
grosse come arance contro quelli che lo chiamavano così. Essere chiamato Piscialetto lo faceva saltare su tutte
le furie e il fatto che papà gli dicesse per rincuorarlo che «pure gli altri
bambini di sicuro l’avevano fatta a letto almeno una volta solo che non erano
stati beccati dai loro compagni», non lo rincuorava per niente.
Nonostante ciò il Natale era alle porte e
tutto questa storia del piscialetto passava in secondo piano, c’era da sperare
nei bei regali, essere più buoni del solito, fare i compiti delle vacanze,
insomma un bell’impegno per le feste. Una cosa però accomunava tutti i bambini
di Gualtieri: l’antipatia verso il signor Ubaldo. Il signor Ubaldo era un
vecchietto burbero e scontroso che non amava i bambini né il Natale, anzi si
faceva prima a dire cosa gli piacesse, tra queste poche cose senz’altro c’era:
spaventare i bambini. I bambini lo temevano e al tempo stesso gli facevano
dispetti come lanciare palle di neve contro il suo vecchio furgone o intonare
filastrocche nelle quali prendevano in giro la sua folta barba bianca e la sua
panciotta rotonda.
Decisero allora che uno scherzo coi fiocchi
per uno che odiava il Natale, e a ragion di questo si raccontava che facesse
pernacchie ogni qual volta si parlasse di Natale, fosse chiedere l’intervento
di Babbo Natale stesso, e infatti nelle loro letterine scrissero tutti quanti
la stessa cosa: «Caro Babbo Natele quest’anno per natale vorrei che al tuo
posto ci fosse il signor Ubaldo», questo scrissero.
Babbo Natale rimase sorpreso nel vedersi
recapitare una tale mole di lettere in cui tutti richiedevano la stessa cosa,
così s’incuriosì e mandò là a Gualtieri il suo elfo agente segreto a spiare da
vicino il signor Ubaldo. Scoprì che quest’ultimo era ruvido come la corteccia
dei pini che circondavano la sua casetta, dispettoso più del morbillo e appena
un po’ meno sgradevole dello sciroppo per la tosse. Capì anche che quei bambini
non erano stati per niente buoni poiché invece di essere gentili col signor
Ubaldo per natale volevano prendersi gioco di lui rendendolo ciò che più di
tutto detestava: il Natale stesso.
Babbo Natale allora pensò di dare una
lezione sia ai bambini che al signor Ubaldo, e perché no prendersi anche una
meritata vacanza dopo tanti e tanti anni di duro servizio; così decise che per
quel Natale il signor Ubaldo sarebbe diventato Babbo Natale, insomma lo avrebbe
sostituito, e perciò i bambini non avrebbero ricevuto nulla a meno che qualcuno
di loro non avesse infuso nel signor Ubaldo lo spirito del Natale che non aveva
mai conosciuto.
Il signor Ubaldo si preparava a passare la
viglia del Natale solo e davanti alla televisione come aveva sempre fatto fin
da quando era bambino, si augurava semplicemente che passasse in fretta la
notte e che il giorno dopo il telegiornale parlasse già dell’ultimo dell’anno o
del freddo record. Proprio mentre accese la tv per guardare Porta a porta si accorse di essere d’un
tratto vestito di un abito rosso, da scarponi lucidi neri e di avere la solita
barba certo, ma più curata e florida, di una bianchezza da fare invidia. Si
guardò allo specchio: «ma chi sono, forse il Gabibbo?», ci pensò un altro po’
poi fu attirato dai rumori che venivano da fuori; fu sbalordito: nel suo
giardino infatti c’era una slitta, ma ancora più incredibile c’erano nove renne
che zampettavano in giardino, una delle quali dal naso rosso illuminato;
quest’ultima si avvicinò e in bocca aveva una patente di guida: ora era tutto
chiaro, sulla patente c’era scritto Babbo
Natale permesso di circolazione aerea nei festivi. «Beh non cambia nulla di
nulla se sono o non sono Babbo Natale, anzi tanto meglio: nessuno avrà doni
stasera, nemmeno quei mocciosi!» disse tra sé e sé, e gli venne d’esser felice.
Si mise alla tv acconciato a quel modo ad aspettare che Bruno Vespa parlasse di
politica, ma anche questo gli ricordava il Natale quella sera poiché il
conduttore si misi a illustrare con un plastico 1:20 la casa di Babbo Natale. Non
c’era pace per il vecchio signor Ubaldo, ora ne era certo anche lui, così
decise di spegnere la tv e aspettare il dolce sonno.
Era mezzanotte anche per i bambini nelle
loro case e tutti se ne stavano davanti all’albero tristi di non averlo mai
visto così spoglio, pochi doni o quasi nessuno se ne stavano ai suoi piedi;
eppure non pensavano di averla fatta così grossa con la storia delle letterine,
e ora pentiti speravano solo che babbo natale avesse trovato un po’ di traffico
in cielo per via della neve. Passò ancora un po’ di tempo ma niente: il deserto
sotto l’albero. Poi altro tempo e ancora dell’altro, ma il risultato non cambiò
d’un ciglio.
Mario pensò che si doveva fare qualcosa,
salvare il Natale o almeno chiedere scusa al signor Ubaldo per lo scherzo della
lettera per la quale nessun bambino quella notte avrebbe ricevuto un regalo.
Allora fece finta di essere troppo stanco per rimanere in piedi, diede un bacio
a mamma e papà e si mise a letto, visibilmente triste. Poi si vestì pesante e
uscì di nascosto dalla porta sul retro della casa, sgusciando una stanza dopo
l’altra. Mamma e papà non avrebbero sospettato di nulla, era stato accorto.
In men che non si dica si ritrovò davanti a
casa del vecchio vicino, suonò al campanello e rimase di sasso quando alla
porta si presentò Babbo Natale, o meglio, il signor Ubaldo per quella notte
Babbo Natale. Il vecchio lo fece entrare subito, c’era troppo freddo poi gli
domandò:
-
Che vuoi tu? Sei venuto per prendermi in giro,
forse?
-
No, sono venuto per chiederle di salvare il Natale
– gli rispose un po’ intimorito.
-
Quest’opera è merito vostro non è vero? – e
s’indicò la barba e i vestiti con l’indice.
-
Sì, in effetti è colpa nostra, sono qui anche
per scusarmi con lei.
-
Non accetto le tue scuse marmocchio, vattene e
lasciami solo! Odio questo giorno e odio tutti voi stupidi bambini!
Mario non sapeva cosa dire, in quel momento
il signor Ubaldo gli sembrò davvero un uomo solo, triste e con tanto bisogno di
qualche amico. Allora si fece forza e continuò:
-
Ma signor Ubaldo, il natale è il momento più
bello dell’anno, tutti in questo giorno devono essere più buoni con gli altri,
anche con chi non è molto simpatico.
-
Basta! Non sarò buono proprio con nessuno perché
nessuno lo è mai stato con me.
-
Ma signor Ubaldo, perché odiare così il natale,
sarà stato un bambino anche lei, allora non lo amava il Natale?
-
No, ti ho detto di no.
Il vecchio si sedette sulla sua poltrona e
si acquietò un momento, sembrava meno arrabbiato di prima, e forse un po’ più
triste. Poi il signor Ubaldo incominciò a raccontare:
-
Vedi ragazzino, quando ero piccolo persi
entrambi i genitori e finii in un orfanotrofio e il giorno di Natale quando
tutti gli altri bambini ricevevano regali e passavano le feste in famiglia io
rimanevo da solo, senza un regalo né qualcuno a farmi compagni. Iniziai a
odiare quella festa e sperare che non tornasse mai più né l’anno dopo né gli
altri a venire. Mai più il natale, mai più Babbo Natale. Inoltre ricordo che
quando avevo la tua età per la paura di rimanere da solo la feci a letto e gli
altri bambini dell’orfanotrofio mi presero in giro per un sacco di tempo, mi
chiamavano Piscialetto…
-
Piscialetto?
-
Sì, hai campito bene, Piscialetto.
-
Anch’io vengo chiamato così.
-
Allora odierai anche tutti gli altri bambini e
il natale, non è vero?
-
No, ora ho capito come farli smettere. Ho capito
come fare!
-
E come? Sei solo un bambino…
-
Lo farò col suo aiuto, lo farò diventando
coraggioso!
-
Spiegati meglio… – lo sguardo del vecchio sembrò
come quello di un bambino adesso: curioso e dolce.
-
Salveremo il Natale, signor Ubaldo, l’aiuterò
nella consegna dei doni, sarò l’aiutante di Babbo Natale, e lei Babbo Natele. Tutti i bambini saranno felici e lo sarà anche
lei, vedrà.
Il vecchio era sorpreso, ma volle dare
ascolto al bambino. Di colpo le renne erano tutte in fila perfette, fuori dalla
casa. La slitta colma di un enorme sacco pieno di regali. I due allora salirono
su di essa e al cenno del vecchio le renne cominciarono a volare. Babbo Natele,
o meglio il signor Ubaldo, e il suo aiutante, o meglio il piccolo Mario, fecero
il giro di tutti i comignoli e portarono doni a tutti i bambini. Si erano
divertiti come mai prima di allora. Il vero babbo Natele li aveva seguiti
nascosto sotto al grembo di una renna. Così comprese che i due avevano capito
lo spirito del Natale e salvato il Natale stesso, ora era felice pure lui,
anche se tutto indolenzito per il viaggio scomodo, «altroché vacanza»,
pensò.
Ma ormai era mattina, era ora che i due si lasciassero
e ciò dispiaceva a entrambi. Il vecchio era diventato di colpo triste perché
sapeva che sarebbe rimasto di nuovo da solo e anche Mario lo era perché al
signor Ubaldo si era affezionato. Allora gli disse:
-
Signor Ubaldo, se non ha altri impegni perché
non viene a passare il giorno di natale con la mia famiglia, c’è posto anche
per lei!
-
Dici sul serio? Beh in effetti non ho ricevuto
ancora proposte convincenti, avrei qualcosa da fare ma non saprei… forse potrei
farla un altro giorno?
-
La prego signor Ubaldo, ne saremmo felici!
-
D’accordo, verrò!
E da quel giorno e per tutta la vita il
signor Ubaldo passò tanti Natali felici, in compagnia del suo nuovo amico e
della sua nuova famiglia. I suoi regali erano quelli che Mario e i suoi
cuginetti aprivano con più piacere perché quando il cuore di un adulto è colmo
dello spirito del Natale questo dona il più bel regalo che un bambino possa
ricevere: il suo amore.
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